Bruno D'Amicis - Campo Felice, Parco Naturale Regionale Sirente – Velino, Abruzzo - Una mattina fortunata




















31 Maggio: uno sguardo indietro...

La sveglia squilla sempre troppo presto, ma, stavolta, per la mia missione devo arrivare dietro l'angolo. La Piana di Campo Felice nel Parco Naturale – Regionale Sirente – Velino, è in Abruzzo sì, ma a un tiro di schioppo dai confini laziali ed è un po' come se fosse montagna di Roma... Se ad un Romano chiedi, infatti, di Campo Felice questi ti risponderà parlandoti di sci, impianti di risalita, cioccolata calda nei bar, parcheggi stracolmi nei finesettimana e la coda interminabile al rientro in città. Ma non di uno stupendo altipiano carsico, circondato da imponenti montagne e belle foreste di faggio (percorse da lupi, cervi e, talvolta, orsi!), ma soprattutto impreziosito da una flora ricchissima e ancora poco conosciuta. E questo malinteso è stata la vera sfortuna di Campo Felice. A partire dagli anni '60 con la costruzione degli impianti da sci o ancor prima con le miniere di bauxite e sino ad arrivare all'inaugurazione del tunnel di Serralunga nel 2012, questa piana ha visto sbancamenti, scavi, tagli, colate di cemento e di asfalto, discariche abusive di materiali di risulta e chimici, sovrapascolo e tante altre "amenità", che però in qualche modo non ne hanno domato del tutto lo spirito, ancora selvaggio, né cancellato il fragile valore naturalistico.

Ieri sera ha piovuto di brutto e stamattina quindi spero nella nebbia, che renda il paesaggio più dinamico, poiché il laghetto che di solito riempie la piana al disgelo, quest'anno... non c'é. Mi sento abbastanza fiducioso e questo è perché conosco bene il luogo dove sto andando: il vantaggio di giocare in casa!
Neanche mezzora di guida e ho già superato l'uscita di Torninmparte e sto risalendo la tortuosa strada che porta alla piana. Quello che in inverno è un collo di bottiglia per gli sciatori che arrivano da Roma, ora sembra il percorso di una pubblicità per automobili. Alla mia destra, cresce alla vista il Massiccio del Velino con le montagne della Duchessa, a sinistra la mole del Gran Sasso chiude la visuale come un'ultima frontiera. Ancora una curva e, tac!, nebbia fu. Nebbia fitta, nebbia densa, da 40Km/h per intenderci... Guido piano e cerco di immaginare come sarà nel punto prescelto per le riprese. La strada riscende piano piano e arrivo all'orrida e inutilmente monumentale rotatoria costruita per unire le strade che arrivano da Torninparte, Lucoli e Rocca di Cambio, attraverso il famigerato tunnel appunto...
Mi affido alla saggezza di Virgilio e non mi curo di loro, ma guardo e passo, andando ad imboccare una sterrata che punta dritta alle montagne. Il cielo inizia a prendere colore. Mi fermo vicino ad una serie di doline, cercando un'inquadratura che metta in risalto questo tipico fenomeno carsico, con le montagne di sfondo. Scelgo un punto e piazzo la macchina sul treppiedi. Seleziono l'esposizione e scatto, ma non sono soddisfatto e mi abbasso un po'. Niente, riprovo più a destra. Giro e rigiro, ma non mi convince... E penso al punto in cui avevo dapprima incontrato la nebbia, dove so che la faggeta orla la piana. Salto in auto e rifaccio un paio di chilometri a ritroso, perdendomi gran parte dei colori dell'aurora. Ma appena arrivo, capisco di aver fatto la scelta giusta.
Il sole ha raggiunto le cime, mentre il fondo della valle è interamente coperto di una nebbia azzurrina che sembra sostituire il lago. E' solo questione di trovare la giusta inquadratura tra gli alberi, verdissimi in questi giorni di primavera, e la nebbia cilestrina: le foto vengono da sole.


Già soddisfatto, dopo i primi scatti, mi tuffo euforico in questa abbuffata visiva. Il sole e la nebbia giocano a rincorrersi e creano tante combinazioni. E' però quando la luce raggiunge il limite della faggeta, illuminando gli alberi di toni caldi, mentre la nebbia in ombra si satura di blu che capisco di avere davanti un qualcosa di veramente speciale. Avrei già finito per questa mattina, ma quando il sole invade tutta la Piana, ho voglia di riscaldarmi e, perché no, magari fotografando quell'angoletto dove so che crescono le belle fritillarie...




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