Maurizio Biancarelli- Sui Monti Alburni-Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, Campania




Nuvole basse scivolano sui crinali degli Alburni
Dopo due giorni di caldo africano, con temperature da piena estate e cieli lattiginosi che non concedono la minima possibilità fotografica, il morale è così basso che la voglia di vedere un’altra parte del parco si fa impellente e sembra l’unica soluzione. Ammesso che nel frattempo il tempo si decida a cambiare.
Rapida consultazione con Bruno e poi, di comune accordo, si lascia la parte più interna e si va verso gli Alburni. Il viaggio nelle strette strade tortuose di montagna è lento ma piacevole, si scende di quota per poi risalire in direzione di  Petina e Sicignano, due paesi posti alle falde della imponente catena di queste sorprendenti montagne. 
La ricchezza di verde ci colpisce. Mentre guido un occhio va, come sempre, agli alberi che costeggiano la strada: aceri, faggi, carpini bianchi e persino tigli sbucano dai bordi della carreggiata e allungano le fronde regalando ombra e frescura e dandoci subito un indizio sulla ricca varietà di specie presenti. 
Commentiamo positivamente e l’umore è già salito rispetto ai giorni precedenti.
Appena arrivati scendiamo a Petina, prendiamo qualche provvista e utili informazioni per salire in montagna, godendoci il bel centro storico del piccolo paese. Rimaniamo poco però, la voglia di salire e fotografare è pressante.
La salita comincia con una stretta stradina asfaltata che serpeggia nel mezzo di un bel castagneto, presto sostituito da grandi faggi ricoperti di licheni. Rimaniamo impressionati dalla loro bellezza, e siamo sempre più spronati ad andare avanti ed esplorare. Nostra meta sono il vertiginoso pinnacolo calcareo del Figliolo e la vetta  rocciosa tondeggiante del Monte Alburno, la cima più elevata della catena.

Nel cuore della faggeta
Prima però dobbiamo trovare l’imbocco del sentiero, che poi si rivela una stradina sterrata e, subito dopo, un luogo idoneo per la sosta col camper. È quasi l’una e la fame si fa sentire. 
Scegliamo di fermarci in una bella, ampia radura, nella quale troneggia un osservatorio astronomico che non pare molto utilizzato e un’altra costruzione, meglio dire lo scheletro di una costruzione, mai ultimata. Inevitabile amara considerazione sull’inutile sperpero e sullo stravolgimento del paesaggio. Possibile che dappertutto si debba trovare qualcosa che non va? Frustrante, ma la bellezza intorno prevale e compensa, per fortuna, la bruttura e l’ottusità di certe azioni dell’uomo. 
Mangiamo e poi decidiamo che una sana pennichella è d’obbligo prima di iniziare la salita pomeridiana. 
Io dormo nel camper, Bruno sotto l’ombra di un pero selvatico di dimensioni mai viste, un vero gigante ricoperto di fiori candidi. E non è solo, intorno ne vediamo diversi altri. 
Facciamo considerazioni sulle straordinarie potenzialità di questo luogo, bellissimo (a parte lo scempio edilizio) e adatto alla presenza di tutta la fauna appenninica, orso 
compreso.
Lobaria pulmonaria
Dopo il risveglio e il caffè, a metà pomeriggio, inizia la salita verso le nostre mete.
C’è un fascino sottile nel percorrere itinerari ignoti, la mente corre più veloce dei passi cercando di immaginare lo spettacolo che ci apparirà quando saremo lassù, nel luogo prescelto. Sono sicuro che i miei pensieri e quelli di Bruno si assomigliano mentre avanziamo. 
Ogni tanto ci scambiamo qualche impressione, mi colpisce in particolare la presenza di aceri campestri che formano piccole boscaglie pure. I tronchi sono letteralmente invasi dal grande tallo del lichene Lobaria pulmonaria, un ottimo indicatore biologico. In regresso da tempo in tutta Europa a causa dell’inquinamento e della frammentazione delle foreste, la sua presenza massiccia in quest’area conforta sulla purezza dell’aria e sullo stato di naturalità dei boschi. Mi rallegro, è uno dei miei licheni preferiti e non ne ho mai visti in tale abbondanza.
Quando giungiamo alla nostra destinazione, una terrazza rocciosa in posizione strategica, la vista verso il Figliolo e il Monte Alburno ci riempie gli occhi ma il tempo è grigio e sta peggiorando: nuvole alte nel cielo e, a quote medie, altre nuvole che il vento spinge verso di noi. Per il  momento sono lontane, ma è facile prevedere quello che succederà a breve. 
Non passa molto e ci troviamo avvolti da una nebbia fitta, che va e viene. Aspettiamo nella speranza che la cortina si sollevi una volta per tutte, concedendoci di nuovo il panorama sospirato. Cerchiamo di ingannare il tempo con qualche chiacchiera, facendo qualche passo per scaldarci, quand’ecco che riceviamo una visita inaspettata: un forestale in servizio ci raggiunge sulla nostra postazione. È incuriosito dalla nostra presenza e da quello che facciamo; riceve tutte le informazioni e ci aggiorna a sua volta, raccontandoci storie sui luoghi. È interessato al progetto, vuole saperne di più e promette di seguirlo. Questo ci fa piacere.


Il Figliolo e, sullo sfondo, il Monte Alburno al tramonto
Il tempo ora passa in maniera più gradevole e, lentamente, arriviamo in prossimità del tramonto. 
Il nostro visitatore se ne è andato da un po' quando il cielo inizia piano piano a colorarsi e, dopo qualche minuto, fasci di luce rossa sbucano tra le nuvole. Dopo tanto grigio non crediamo ai nostri occhi, una vera e propria raggiera circonda la vetta del Monte Alburno, sembra un effetto speciale creato artificialmente, ma è la realtà e dura un tempo che sembra infinito, come nelle migliori occasioni. 
Nessuno ci crederà, penseranno a Photoshop, sono le inevitabili battute. 
Sotto, nel frattempo, uno spesso strato di nebbia aleggia sulla vallata e nasconde le luci di paesini lontani. Scattiamo sino alle soglie della notte e poi, con l’aiuto delle lampade frontali, torniamo al camper, soddisfatti e carichi di emozione. 
La giornata non poteva finire meglio e, anche se stanchi, siamo pronti per l'alba del giorno che verrà.

Un mare di nebbia indugia sulle vallate all'alba







3 commenti: Leave Your Comments

  1. Sugli Alburni sono nato (fotograficamente) quasi trent'anni fa e dagli Alburni sono fuggito (vigliaccamente). Sono imbarazzato e addolorato per lo scempio che avete trovato all'Aresta. Vi chiedo scusa a nome dei miei conterranei.
    Augusto

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  2. Belle le foto e il racconto che le accompagna. Conosco il parco del cilernto ma prevalentemente frequento la parte costiera dove a Palinuro (Centola) è nato mio padre e ho ancora dei parenti.Le zone interne non ne ho frequentate molte ma nelle poche mi ci ritrovo nel racconto che hai fatto.Complimenti ancora
    Un saluto
    Paolo Esposito

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  3. Grazie Augusto e Paolo per i commenti. Augusto: purtroppo è vero, quella bruttura c'è e sarebbe stato meglio evitarla, ma, come dicevo nel commento, la bellezza prevale ancora negli Alburni come nella maggio parte delle montagne italiane. È per lasciare questa bellezza, di cui tutti abbiamo bisogno, alle generazioni future che ciascuno di noi deve dare il proprio contributo. Un saluto

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