Bruno D'Amicis - Monti della Tolfa, Lazio - L'alba de “L’Altro Versante”


20 Marzo 2014. Secondo le stelle, è stato il primo giorno di primavera; per il sottoscritto, invece, il primo giorno in “missione” per “L’Altro Versante”. La sveglia sul telefonino inizia a suonare alle 3.45: no, non può essere… Vabbé, faccio uno sforzo sovrumano e mi alzo. Non capisco dove mi trovo: per avvicinarmi ai Monti della Tolfa, meta di oggi, infatti ho dormito dai miei a Roma invece che a casa, in Abruzzo. Mi vesto alla svelta e con passo felpato entro in cucina per mettere sul fuoco la macchina del caffè già preparata ieri sera.
In pochi minuti, sono in macchina e per strada: Roma è deserta; sembra quasi una città vivibile in queste ore notturne. La Via Cristoforo Colombo mi porta sull’Autostrada per Fiumicino, da qui giro per Civitavecchia. Dopo nemmeno 45 minuti, a S.Severa, esco e sono quasi arrivato. Accosto la macchina accanto ad un cancello di legno lungo la strada per Tolfa ed entro in un altro mondo.
Sono emozionato: erano anni che non tornavo sui Monti della Tolfa. Palestra per gran parte dei naturalisti romani, queste colline rappresentano uno degli ultimi lembi di ambiente collinare mediterraneo della Penisola. I pascoli arborati e le steppe pietrose; le ieratiche vacche maremmane; le profonde forre tufacee  intagliate da rumorosi corsi d’acqua; i cieli azzurri solcati da decine di rapaci, il passo del lupo nella penombra e migliaia di orchidee a prendere il sole sui pendii. Tolfa è un commovente serbatoio di diversità e avventure, non si sa come, sopravvissuto a due passi dalla Capitale.


Mentre nell’Appennino, la neve ancora copre i pendii montani, qui la primavera è arrivata da un pezzo. Cappellacce e strillozzi già cantano. L’odore di margherite e asfodeli si sente prima ancora che faccia giorno e che io possa vederli. Passo accanto ad una solitaria quercia gigantesca: poco più di una silhouette in quest’ora antelucana.
La luna fa capolino dietro i suoi rami intricati. Che bello!
Fermarsi o no? E' difficile decidere sul primo soggetto fotografico su cui scommettere l'unica alba della giornata. Faccio qualche passo avanti. Mi fermo. Torno indietro.
Mi abbasso sulle ginocchia, per una prospettiva più bassa, ed inizio a scattare, la luce si fa sempre più rosata sulla quercia e sul cielo e, in un attimo, arriva l’alba. La prima alba di primavera e la prima alba delle moltissime messe da parte per questo ambizioso progetto, a cui auguro lunga vita e tanta, tanta fortuna.

Sono felice, anzi euforico, e non sento più il sonno, né il freddo-umido addosso.
Scatto alcune foto, cambiando di posizione, e trovo anche altre inquadrature nei dintorni. C'è un tappeto di margherite dove prima era buio. Scatto per oltre un'ora, prima di fermarmi un istante a contemplare la valle del Fosso Chiavaccio dove mi sono andato a ficcare. Il sole comincia piano piano a scaldarmi. Un nibbio reale è già in volo sui crinali più distanti. Proprio sotto la quercia, trovo un escremento fresco di lupo pieno di pelo di cinghiale: che posto, la Tolfa!





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