Bruno D'Amicis - L'immagine raccontata: feeling blue, PN Dolomiti Bellunesi, Veneto


Si dice che nella fotografia naturalistica, il tempismo sia tutto. Cogliere l'attimo saliente di un'azione, il momento giusto dell'anno per documentare un fenomeno biologico particolare o la luce più suggestiva per rendere magica una composizione... Non c'è niente di più vero, tutti gli sforzi per cercare e inquadrare un soggetto diventano vani, infatti, se non si sceglie la situazione adatta per valorizzare l'immagine.

Questo monito mi tornato in mente pochi giorni fa durante la mia ultima missione nel Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi in Veneto. Tra i siti selezionati per l'Altro Versante, ho visitato la bellissima località dei "Piani Eterni" tra Belluno e Feltre. Questo strano altopiano, quasi un cratere circondato da alte montagne, è un posto a sé. Un po' Canada, un po' Appennino, è un mare d'erba tra i mughi e gli affioramenti rocciosi. Come tutti i luoghi che si sviluppano in piano non è un sito facile da fotografare e, inoltre, un nome così importante, "Piani Eterni" richiede un minimo di attenzione in più per dare giustizia al "senso del luogo".

Dopo una lunga camminata per arrivare alla malga che ci avrebbe ospitato per tre giorni, mi sono messo ad esplorare i dintorni. Ero stato colpito dai campi carreggiati e dai massi erratici, testimoni silenziosi di un passato glaciale e turbolento, che caratterizzavano un lato dei Piani. Avevo provato varie inquadrature, ma quella che mi convinceva di più vedeva le rocce in primo piano condurre lo sguardo verso un grosso masso lasciato lì dalla forza dei ghiacciai. L'immagine non era male, ma l'afa di quella serata non aveva permesso un tramonto avvincente e così mi ero dovuto accontentare di una fotografia piuttosto standard, dai toni abbastanza piatti.

Due giorni dopo, all'alba, che a giugno, diventa una cosa tosta da gestire e vuol dire alzarsi prima delle quattro del mattino, la bruma riempiva la conca erbosa. Ancora prima di prendere il caffè sono uscito e ho ammirato una mezzaluna che brillava sopra i colori cilestrini di quello scenario mattutino.
È stato un attimo. Senza dire nulla agli altri, ho preso fotocamera, grandangolo e treppiedi e sono corso nella nebbia a ricercare quello stesso masso e un'inquadratura simile a quella scattata il primo giorno.

Stavolta le montagne erano di un blu intenso e i confini meno definiti e scontati. Mi sono concesso qualche scatto e via, poiché mi attendeva una lunga esplorazione su un'altra montagna. Non c'era stato molto tempo per sperimentare, ma almeno avevo messo da parte una fotografia che portasse in sé un minimo dell'"eternità" di quel posto così particolare.



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