Maurizio Biancarelli - L'immagine raccontata- Una storia silenziosa



Geranium argenteum

Il Geranio argentino


Mi ha sempre affascinato la ricerca di specie botaniche montane. Spesso minute, in apparenza fragili e delicate, vivono in condizioni estreme, in luoghi difficili e inospitali: in mezzo alle pietraie, nelle fessure delle rocce, nelle forre umide, nelle vallette nivali, depressioni dove la neve resiste per gran parte dell’anno. 
La loro capacità di adattamento a freddo, vento, siccità ha del proverbiale: riescono a cavarsela e prosperare là dove le piante di valle fallirebbero miseramente. 
Per esempio riescono ad attivare la fotosintesi a temperature molto basse, di poco superiori allo zero, hanno apparati radicali molto sviluppati che si infiltrano in profondità attraverso rocce o ghiaioni fino a raggiungere il terreno, rivestono le foglie di una fitta peluria per limitare la traspirazione e resistere alla siccità estiva e alle abbondanti radiazioni ultraviolette delle alte quote o acquisiscono una forma a cuscinetto, per meglio resistere al vento e al peso della neve.
I loro fiori sono spesso grandi e dai colori intensi: gli insetti impollinatori sono scarsi lassù e non si può rischiare di passare inosservati.
Può capitare che in montagna la breve stagione vegetativa sia compromessa dal cattivo tempo, per questo la maggior parte delle piante di altitudine è specie perenne. Se un anno va male, pazienza, la pianta non fiorisce o non fruttifica ma non muore ed è pronta a riprovare l’anno successivo.
Questi straordinari esseri viventi raccontano di sé: non si muovono e non gridano, ma le loro storie mute non sono per questo meno intriganti e ci riconducono a tempi e climi assai lontani. 
Il geranio argentino, Geranium argenteum, è una vera rarità per l’Appennino centrale, risulta infatti presente solo sui Monti Sibillini, dove era stato rinvenuto per la prima volta nell’ottocento dal botanico, medico e naturalista Bertoloni e poi non più trovato per lunghissimo tempo. Sembrava estinto, ma negli anni passati è stato riscoperto e ora questa piccola, elegante pianta è tornata a impreziosire la flora delle montagne della Sibilla.
In Italia è rara dovunque anche se presente sporadicamente in Carnia, nel Bellunese, nel Bresciano, nelle Apuane e in alcune cime dell’Appennino settentrionale. 
È probabilmente una specie che aveva più vasta diffusione prima dell’ultima glaciazione, visto che attualmente vive solo nelle catene marginali delle Alpi e in poche aree dell’Appennino che non furono mai ricoperte dai ghiacciai del Quaternario.


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