Maurizio Biancarelli- Tra Alcantara e Argimusco, Sicilia






Le acque dell'Alcantara scorrono veloci tra le colonne basaltiche delle omonime Gole

Ha piovuto molto nei mesi scorsi e durante tutto l’anno passato, mi spiega Natale Giamboi, l’area a monte è di natura argillosa e due affluenti importanti convogliano limo in continuazione nelle acque dell’Alcantara. Ecco perché nelle Gole il fiume è color nocciola; e non c’è molta speranza di vederlo cambiare almeno sino alla fine di maggio. Siamo nella prima decade di aprile e quindi capisco che bisogna per forza trovare un’alternativa. 
Ma Natale, guida escursionista esperta dei luoghi non si tira indietro e mi dice che, provando a monte, le possibilità di trovare acque limpide, canyons  e rocce spettacolari non mancano di certo. E’ anche una buona occasione per evitare luoghi arcinoti, già presi d’assalto da un certo numero di turisti, anche se il grosso delle visite arriverà puntuale con la calura estiva.
Di buon mattino ci rechiamo quindi in esplorazione e, attraversando le rive ammantate di una intricata boscaglia di verdi ferule e bianchi asfodeli fioriti, giungiamo in prossimità del fiume. 
Natale aveva ragione, il luogo è assolutamente da fotografare ma cercare il giusto sentiero tra la fitta vegetazione è stata impresa non facile, il tempo è passato veloce e la luce migliore se ne è già andata. Non importa, stasera dormirò col camper qua vicino e domattina, all’ora giusta, sarò nel punto prescelto per le riprese.
L’aiuto di di Natale e di Diego Leonardi, che purtroppo ha avuto un incidente alla gamba e mi ha potuto seguire solo a distanza col telefono, si rivelano preziosi. Non avrei potuto trovare così facilmente dei luoghi suggestivi e poco noti del fiume. Approfitto volentieri della loro proverbiale disponibilità, che  arricchisce dal punto di vista umano questa mia missione siciliana, e rende il lavoro per L’Altroversante un’esperienza a tutto tondo. Mi fanno domande sul mio lavoro e sul progetto, mi danno suggerimenti e raccontano storie. Apprezzo il calore della comunicazione diretta in tempi di relazioni virtuali.
La mattina dopo mi sento sicuro di ritrovare il sentiero verso il fiume, ma la mia sicurezza vacilla quando comincio ad addentrarmi nella giungla verde di alte ferule e asfodeli che impedisce da ogni lato la vista. Sbaglio subito, al primo colpo. 
Non demordo e, dopo alcuni tentativi, vinco la resistenza della vegetazione e giungo in un bel punto del fiume. Bello, ma non è lo stesso che avevo visitato con Natale. E’ comunque un altro posto che vale senz’altro la pena di fotografare e non indugio oltre, la luce calda dell’alba sta arrivando.





Dopo alcuni giorni di fotografie a rocce ed acqua mi sento soddisfatto e ho voglia di provare qualche altro soggetto. 
Approfitto di un suggerimento di Natale che mi ha indicato la riserva naturale del Bosco di Malabotta. E’ a circa un’ora di strada, la curiosità è molta e decido di andare a perlustrare la zona. 
Nel bosco mi accolgono cerri e faggi ancora spogli, siamo oltre i mille metri e la primavera è stata finora piuttosto fredda. Provo col sentiero dei patriarchi e li trovo dopo qualche chilometro: cerri dai tronchi massicci rivestiti di muschi dominano, tra altri alberi che non reggono il confronto, la sommità di un colle posto difronte alla mole innevata dell’Etna. 
Mi piacciono subito ma la luce non è giusta, fantastico di fotografarli dopo la pioggia, magari con un velo di nebbia, ma ora è tutto molto diverso e qualche tentativo poco convinto fa comparire nel monitor della macchina fotografica immagini deludenti.  
Prima di tornare indietro, alcune grandi rocce in cima ad un colle colpiscono la mia attenzione. Sono a poca distanza dalla strada principale: una stradina sterrata si inerpica verso le strane forme rocciose e salendo scopro, con mia sorpesa, uno dei luoghi più affascinanti che mi sia capitato di incontrare: Le Rocche di Argimusco. 

I Megaliti di Argimusco al tramonto
A cavallo tra Nebrodi e Peloritani questo sito è un luogo ancestrale, costellato di megaliti dalle forme antropomorfe e zoomorfe. Sono blocchi di arenaria di varia grandezza, qualcuno superiore ai dieci metri d’altezza, scolpiti dall’azione erosiva degli elementi naturali.   
Si sa che, fin dall’antichità, Argimusco è stato visitato e utilizzato dall’uomo per riti sacrali, sepolture ed osservazioni astronomiche. 
Il panorama è a 360 gradi: verso sud l’Etna, ad est colline, a nord le isole Eolie, ad ovest il degradare delle montagne verso Palermo. La luce bassa dell’alba e del tramonto colpisce le rocce, le cui sagome in controluce mettono in risalto profili misteriosi come quello dell’Aquila, o della Fanciulla orante, del Serpente, del Sacerdote, del Mammuth. 

"L'aquila" e, sullo sfondo a destra, Rocca Novara all'alba



Misteriosi profili al tramonto, Argimusco
Ammaliato, ho passato quassù alcune notti, cullato dal gracidio notturno delle raganelle, approfittando della luce di albe, tramonti e crepuscoli per scoprire e fotografare una ad una le inquietanti figure che da millenni troneggiano in cima al colle.
Qualcuno ha definito l’Argimusco la Stonehenge di Sicilia. Di sicuro l’aura di misteriosa sacralità che vi aleggia non lascia indifferenti, ci collega al passato lontano, ma lascia anche aperti dubbi e interrogativi sul futuro prossimo. 
Riusciremo a trovare la giusta armonia tra le esigenze delle nostre energivore società e quelle  di salvaguardia del mondo naturale, delle sue risorse, del suo equilibrio generale? 
I profili  dei rilievi che circondano Argimusco, costellati di pale eoliche, sono prova evidente di quanto questo dilemma non sia di facile soluzione. 
E il tempo stringe.

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