Bruno D'Amicis - Faggete del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise





Le faggete appenniniche e, in particolare, quelle del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise non hanno certo bisogno di presentazioni. Dalle ordinate, quasi grafiche (e... noiose!) faggete coetanee, gestite per i tagli alle cosiddette “difese”: radure arborate di origine medioevale, con alberi enormi “capitozzati”, dalla tipica forma a candelabro. E ancora, troviamo i piccoli faggi contorti al limite della vegetazione arborea che stentano a crescere per la neve e i veri giganti silenziosi (i più vecchi d'Europa!) ricoperti di muschi e licheni, delle foreste vetuste. Ogni tipo di faggeta racchiude




un’atmosfera tutta sua e stimola emozioni e sensazioni ogni volta diverse. Entrare in una faggeta per esplorarla visivamente e fotograficamente è un lavoro intenso e faticoso. La composizione richiede attenzione e pazienza. Alcune situazioni, specie quelle più naturali, sono un vero rompicapo. E, poi, qui la luce è davvero tutto. Meglio, anzi, quando la luce non c’é: nebbia e giornate nuvolose sono le migliori per “scomparire” nel fitto di una foresta.

Questa delle faggete appenniniche è un po’ una missione “sui generis” per L’Altro Versante. Primo, perché è un lavoro in corso che io sto portando avanti già da diversi anni e da cui, quindi, attingerò immagini e spunti per il nostro progetto. Secondo, perché sono quasi tutti luoghi che io conosco talmente bene da potermi permettere di lavorare con calma. Ripercorrendo i miei passi anche più di una volta. Concedendomi il lusso di sfruttare più stagioni, cogliendo quindi il meglio di un anno e recuperando magari gli scarsi risultati di uno più sfortunato. 

L’autunno e, in particolare, il picco dei colori del fogliame morente, è sicuramente il periodo più attraente e, se vogliamo, più kitsch per ritrarre queste foreste. Ma non tutti gli anni sono uguali e questo 2014 sembra piuttosto imprevedibile e “spento”. Per quanto appena detto, sono felice di poter contare sui prossimi anni per cercare ottenere quello che voglio presentare per L’Altro Versante.

Detto questo, proprio nello spirito del progetto e data la sua ambizione per così dire innovativa, mi sto imponendo un diverso approccio al tema “faggete in autunno” e una rigorosa disciplina nel voler ri-esplorare situazioni classiche in momenti o con tecniche un tantino “diversi”… Mi spiego meglio: non credo che si possa davvero inventare qualcosa di davvero nuovo, né ho un coniglio da tirar fuori dal famoso cilindro, ma sto scoprendo il piacere di uscire un poco dagli schemi e divertirmi. Mi trovo quindi ad utilizzare l’obbiettivo che mai avrei scelto e che di solito rimane in fondo alla borsa; oppure ad attendere che la luce scenda oltre i limiti del visibile, per far apparire colori inusuali sul sensore o addirittura a fotografare gli alberi dopo che le foglie… sono cadute! E, talvolta, a fare tutto il contrario.
Insomma, un esercizio sia personale che di manifesto, in quanto parte di un progetto collettivo e di comunicazione, che mi sta dando tante soddisfazioni e, soprattutto, l'occasione di passare quanto più tempo possibile nell’atmosfera umida e muscosa delle ombrose e stupende faggete delle mie montagne.

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