
Le faggete appenniniche e, in particolare, quelle del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise non hanno certo bisogno di presentazioni. Dalle ordinate, quasi grafiche (e... noiose!) faggete coetanee, gestite per i tagli alle cosiddette “difese”: radure arborate di origine medioevale, con alberi enormi “capitozzati”, dalla tipica forma a candelabro. E ancora, troviamo i piccoli faggi contorti al limite della vegetazione arborea che stentano a crescere per la neve e i veri giganti silenziosi (i più vecchi d'Europa!) ricoperti di muschi e licheni, delle foreste vetuste. Ogni tipo di faggeta racchiude


Questa delle faggete appenniniche è un po’ una missione “sui generis” per L’Altro Versante. Primo, perché è un lavoro in corso che io sto portando avanti già da diversi anni e da cui, quindi, attingerò immagini e spunti per il nostro progetto. Secondo, perché sono quasi tutti luoghi che io conosco talmente bene da potermi permettere di lavorare con calma. Ripercorrendo i miei passi anche più di una volta. Concedendomi il lusso di sfruttare più stagioni, cogliendo quindi il meglio di un anno e recuperando magari gli scarsi risultati di uno più sfortunato.
L’autunno e, in particolare, il picco dei colori del fogliame morente, è sicuramente il periodo più attraente e, se vogliamo, più kitsch per ritrarre queste foreste. Ma non tutti gli anni sono uguali e questo 2014 sembra piuttosto imprevedibile e “spento”. Per quanto appena detto, sono felice di poter contare sui prossimi anni per cercare ottenere quello che voglio presentare per L’Altro Versante.

Insomma, un esercizio sia personale che di manifesto, in quanto parte di un progetto collettivo e di comunicazione, che mi sta dando tante soddisfazioni e, soprattutto, l'occasione di passare quanto più tempo possibile nell’atmosfera umida e muscosa delle ombrose e stupende faggete delle mie montagne.
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