Bruno D'Amicis - L'immagine raccontata: un piccolo, grande fiore - Parco Nazionale della Majella, Abruzzo

Androsace mathildae, o androsace (uno non sa mail se mettere l’accento sulla “o” o sulla “a”…) abruzzese in italiano, contrariamente al nome altisonante, in realtà è una piantina minuta e poco vistosa. Un paio di centimetri di altezza in tutto: una rosetta basale di foglioline lanceolate, color verde-oliva, e dei fiorellini bianco-latte dalla consistenza carnosa. Non si direbbe mai che questa specie dall’aspetto così fragile abbia il coraggio di vivere al di sopra dei 2700 metri, sfidando venti fortissimi e condizioni proibitive, rannicchiata tra i bastioni di roccia delle vette più alte dell’Appennino e in nessun altro luogo al mondo.

Ovvio che, durante la mia missione condotta nel Parco Nazionale della Majella, volessi ritrarre questa pianta e inserirla nel mio ritratto della "Montagna Madre”, perché a mio avviso avrebbe trasmesso il senso del luogo come e se non più di un intero paesaggio. L’ho cercata quindi sulle preistoriche scogliere che delimitano le cime più alte, trovandone una mezza dozzina. Erano tutte interessanti, ma io cercavo l’archetipo.

Su una minuscola cengia, a strapiombo sulla Valle Cannella, ho localizzato la più bella di tutte. Sembrava
sedere su un piccolo trono calcareo; le lingue di neve in scioglimento sullo sfondo. 
Unico problema: mi sarei dovuto sporgere di un metro nel vuoto per fotografarla. Ho dovuto lavorare d’ingegno. Mio fratello che mi accompagnava si è attaccato alla mia cintura controbilanciandomi. Ho montato un obiettivo grandangolare decentrabile per guadagnare qualche centimetro e con il live view della macchina ho potuto fotografare semplicemente allungando le braccia. Infine, il perfetto tempismo di un raggio di sole ha coronato il tutto, permettendomi di mettere in evidenza il soggetto rispetto allo sfondo in ombra.


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