Senza voler fare torto a
nessuno dei luoghi meravigliosi visitati per L'Altro Versante,
io inizio a pensare che gli "altri versanti" italiani non
siano distribuiti in maniera uniforme nella Penisola, ma che gran
parte di essi si nasconda piuttosto sulle isole e nel Meridione. I
calanchi lucani, le fiumare aspromontane, le gole e i vulcani
siciliani... Ciascuna missione nelle regioni dell'Italia
centro-meridionale ci ha offerto sempre il grande piacere e il senso
di meraviglia di una vera e propria (ri)scoperta.
Ultimamente, io sto
provando un'infatuazione acuta per la Sardegna e le sue montagne,
infatti. Ciò non deve sorprendere: forse il mio sangue abruzzese si
riconosce nelle asperità e nell'aspetto severo delle zone interne di
quest'isola meravigliosa. Nel Maggio 2016, dopo aver concluso la mia
missione nel Montiferu, massiccio basaltico nella parte occidentale
della Sardegna, e rientrando verso Olbia lungo la SR 131, ho ammirato
un gigantesco dente calcareo che sfilava alla mia sinistra. A occhio
e croce sembrava lungo una ventina di chilometri: una lama
bianchissima e isolata rispetto alle altre montagne, circondata
com'era da un paesaggio ondulato e più gentile. Era il Monte Albo,
una vera e propria "isola" nell'isola. Ed è stato amore a
prima vista.
E così, dovendo tornare
in Sardegna lo scorso giugno, ho pianificato alcuni giorni di
esplorazione su questa montagna affascinante. Il punto di partenza è
stato Posada, provincia di Nuoro, incantevole cittadina poco lontana
dal mare, dove ho incontrato colui che mi avrebbe fatto da Cicerone
per queste zone, l'antropologo Angelo Canu. Dopo un caffé veloce nel
bar del paese abbiamo guidato alla volta di Siniscola e da lì alla
parte più aspra e rocciosa del massiccio. Lungo la strada dovevamo
raccogliere un altro amico, grande esperto del Monte Albo: Gino Ruiu,
forestale e alpinista, nonché Assessore all'Ambiente del Comune di
Lodé. Insieme avremo percorso un vecchio sentierio ad anello che
culmina con la cima di Punta Cupetti. Camminando al cospetto di lecci
millenari rimasti abbarbicati alle pareti, dove nidifica l'unica
colonia sarda di gracchio corallino e riecheggia il canto del passero
solitario, abbiamo risalito pian piano il ripido versante. Il
sentiero attraversava commoventi distese di Santolina corsica,
meraviglioso arbusto endemico dai fiori gialli che, in tutto il
mondo, si trova solo qui e in Corsica. Abbiamo misurato i passi per
godere il più possibile della frescura dell'ombra e di una piacevole
brezza che mitigava il peso dello zaino sulla schiena.
L'arrivo
alla zona sommitale, con il passaggio dall'oscurità alla luce, è
stato un po' traumatico. Alle condizioni ideali della prima parte
dell'escursione, si è andato sostituendo infatti un caldo intenso,
accompagnato da un vento sferzante e un paesaggio accecante, dovuto
alle rocce bianchissime che riflettevano la luce del tardo mattino.
Davanti ai miei occhi, chilometri di calcare, campi carreggiati,
massi isolati e una vegetazione stentata, prodotti da millenni di
pastorizia e condizioni climatiche particolarmente dure. Qua e là si
vedeva qualche alberello contorto di pero selvatico, sotto qui si
affollavano delle capre per sfuggire al sole. Difficile pensare che
sotto ai nostri piedi si sviluppava uno dei complessi di grotte più
importanti della Sardegna, nella cui oscurità vive uno dei gioielli
della fauna isolana: il geotritone del Monte Albo. Questo raro
anfibio dai colori vivaci è un vero e proprio relitto biogeografico,
rimasto "isolato" nelle cavità di questa brulla montagna
dai suoi conspecifici sin dalla notte dei tempi.
Lentamente gli occhi si
abituano alle condizioni di luce intensa e al nuovo orizzonte. In
cielo una coppia di corvi imperiali segue con curiosità i movimenti
di questi tre umani dispersi nel paesaggio lunare. Da lontano
provengono le grida profonde di un pastore che richiama il suo
gregge. A sud la foschia ha nascosto le vette del Gennargentu e a
oriente le invitanti acque azzurre del mar Tirreno sembrano così
vicine...