29 Marzo 2014. Notte sulla Murgia.
Scendendo
lungo l'autostrada Adriatica dall’Abruzzo e dopo essermi lasciato alle spalle il
Gargano e la devastazione eolica del Tavoliere, giro per Spinazzola e, subito, Castel del Monte, la misteriosa fortezza ottagonale degli
Hohenstaufen, mi appare candido all’orizzonte: l’inizio dell’altipiano delle Murge. Terra di asfodeli, pietre
bucate, popolazioni daune e peucete, minuscole orchidee e tanti rapaci. Nei muretti a secco si
nascondono rettili mitici come il colubro leopardino e il geco di
Kotschy; da sotto i massi escono creature aliene come la scolopendra
cingolata (che sembra un pupazzo di gomma, ma il cui morso farebbe
rabbrividire una vipera) e la malmignatta. Contro il cielo, decine,
anzi centinaia di falchi grillai volano in surplace a caccia di
cavallette e grilli prima di rientrare alle loro colonie situate,
guarda un po’, nei centri storici dei comuni della zona, come
Altamura, Gravina in Puglia e Matera. Corvi imperiali, nibbi e poiane si
affrontano in caroselli aerei. Rari tulipani selvatici gialli
punteggiano i prati tra le decine di meravigliose masserie e jazzi
abbandonati: silenziose icone di un fiorente passato legato alla
pastorizia e alla transumanza oramai scomparso e che, ad essere sinceri, mettono un po' a disagio.
La
mia meta di oggi, la rocca del Garagnone vicino Poggiorsini: una rupe
che nel Medioevo fu fortificata, talmente bene che si fa fatica a vedere le mura. Abbandono la statale e prendo una
stradina di campagna, tutta buche e strillozzi in canto. Ogni tanto,
una piantina rompe le pezze di asfalto messe a livellare il fondo
stradale o bisogna rallentare per far passare una cappellaccia indaffarata.
Asfodeli bianchi e gialli, ferule, calandri, peri selvatici e tracce di
cinghiali. I colori sono talmente accesi da sembrare creati con
Photoshop. Anche le immagini riviste sul LCD della fotocamera
sembrano alquanto improbabili. Mi avvicino alla piccola gola sovrastata dalla
rocca. Silenzio e solitudine.
I grilli friniscono e lontano si sentono un paio di assioli in canto. Fa buio. La pianura verde e coltivata in lontananza diventa un manto nero pieno di luci di case e automobili. Alle mie spalle, invece, solo vento e tenebre. Manco a farlo apposta si accende una luce al neon proprio dietro la silhouette della rocca che mi accingo a fotografare: la luce automatica di una fattoria. Non c'é niente da fare, non si spegnerà e mi tocca fare delle vere contorsioni per poter escludere quel punto luminoso dall'inquadratura: alla faccia della wilderness! Sloggio due ragni giganti e uno scarafaggio e monto il treppiedi in obliquo su una delle pareti della grotta: dovrebbe andare. Premo il pulsante dello scatto remoto e parte la posa B...
L’Alta
Murgia, un nome che ha in sé già sapore di Balcani e di cavalcate a fianco di
Federico II. Parco Nazionale da appena dieci anni e antichissimo altipiano calcareo pieno di storie e segreti. Per me la Murgia è
un po’ tornare al ventre materno: la mia mamma, infatti, è di quelle
parti e io, sin da piccolo, ho potuto visitare le steppe spazzate dal
vento di quest’Irlanda mediterranea. Come l’Irlanda, questo angolo di Puglia a primavera è una terra verde:
di erbe, di prime foglie e del grano tenero. Ma questo, però, è solo un abbaglio. Qui, infatti, da giugno in poi il sole non scherza e tutto si tinge di toni che vanno dal marrone
scuro della terra al giallo pallido delle erbe riarse.


Parcheggio
e mi arrampico sul ripido pendio dirimpetto alla fortezza: è il tramonto. La grotta della rupe sembra la bocca di un animale preistorico. Rallento il passo. Mi avvicino all'antro è sono "attaccato" da una decina di piccioni torraioli che fuggono spaventati: mort..cci che colpo!
Entro nella grotta e, una volta superato il fastidio del guano dei suddetti piccioni, mi scelgo una posizione per fotografare la rocca di fronte. Passerò qui le prime ore della notte, sperando di cogliere la Via Lattea o qualche traiettoria stellare sopra questo sito così misterioso.

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