
mi sono dovuto abituare a trovare il bello anche in mezzo a degrado e distruzione ambientali.
Qui da noi non credo ci sia rimasto più alcun habitat veramente al sicuro… Anche nel cuore delle aree protette o nelle zone più remote e di difficile accesso, l'uomo ha lasciato tracce sempre ben visibili e talvolta molto profonde.
Strade, stradine, speculazioni e abusivismo edilizi, canalizzazioni, cementificazioni, introduzioni di specie alloctone, mega impianti energetici, discariche abusive… chi più ne ha più ne metta: la povera natura italiana tenta in tutti i modi di cancellare con la sua prorompente vitalità le ferite che gli abbiamo inferto, gli innumerevoli sfregi sul suo volto incantevole, ma le cicatrici sono indelebili. Credo sappiate tutti bene che cosa intendo: per noi italiani è divenuto fisiologico vivere in un ambiente compromesso.
E la missione di un progetto come L’Altro Versante, di noi tre “fotografi in cerca del vero paesaggio italiano”, è in fondo proprio quella di ricercare, quasi con il lanternino, quanto di selvaggio ancora (r)esista in Italia. Ci sono sensibilità, passione e buona volontà dietro il nostro lavoro e spesso, per fortuna, restiamo commossi da quanta bellezza si trovi ancora dalle nostre parti. Eppure, spesso si tratta di piccoli, commoventi fazzoletti di integrità in un mare di antropizzazione. Altre volte, invece, il troppo diventa davvero troppo...
Quel mattino ero partito da casa con le migliori intenzioni per svolgere una breve missione nel Lazio meridionale
e, più precisamente, nelle Gole del Melfa, in Provincia di Frosinone, che appartengono al massiccio del Monte Cairo. Facendo delle ricerche in merito (anche se si trova ben poco), avevo letto di fitti boschi mediterranei e imponenti pareti calcaree a far da sfondo alle acque blu-turchese di un fiume speciale. Sembravano proprio gli ingredienti giusti per scovare un “altro versante” davvero poco noto e sorprendente. L’idea era di percorrere all’alba e dopo un forte temporale, il “Tracciolino”, antica strada
che per una quindicina di km tra Roccasecca e Castelvieri si snoda lungo un canyon selvaggio e profondo scavato dalle acque del fiume Melfa, appunto, e mette in comunicazione la Val Comino con la pianura. Il Melfa, fiume che nasce nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, è bellissimo, celeberrimo tra gli amanti della canoa e sarebbe uno dei corsi d'acqua più interessanti d’Italia se non fosse che 1) il regime è spesso irrisorio poiché le sue acque sono captate da un bacino idroelettrico - per soli scopi preventivi e praticamente in disuso -

Come detto, la valle è stupenda e ho comunque tentato di fotografarla, componendo le immagini in diversi modi per evitare di inquadrare la sporcizia, ma la sofferenza era troppa e mi sembrava tutta, solo una grande ipocrisia. Non ce la facevo proprio a continuare. Non sentivo più alcun legame emotivo con il luogo, così ho deciso di interrompere (per la prima volta!) la missione e dopo qualche veloce e annoiato scatto di documentazione dei rifiuti (che comunque noi di AV vogliamo segnalare alle autorità dei comuni di zona) me ne sono tornato a casa. Si potrebbero fare appelli al senso di civiltà, all'amore per la propria terra o ai più giovani, ma a volte è dura vivere in questo Paese amandone la natura. Un grande amore sì, ma che fa tanto soffrire.
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