Maurizio Biancarelli-L'immagine raccontata: tra gli asfodeli, Monte Coscerno, Umbria





Il Monte Coscerno e il Monte Aspra, nella media Valnerina, sono due massicci calcarei di grande interesse paesaggistico e naturalistico. Negli anni novanta del secolo scorso sono stati proposti come parco regionale: le caratteristiche c’erano tutte, ma le resistenze dei cacciatori hanno fatto sì che, dopo anni di contrasti,  il progetto venisse rigettato e il parco non vedesse mai la luce. Una battaglia persa, purtroppo.
Penso questo mentre salgo lentamente il ripido pendio che conduce in vetta al Coscerno, dove ho in mente di fotografare una bella faggeta e le interessanti specie vegetali che in primavera  riempiono di colori le praterie sommitali. 
Sono molti anni che non vengo quassù, ma ricordo, per un lavoro fatto in passato, belle fioriture di varie specie montane, che, alla luce dell’alba e con la teoria di rilievi della Valnerina come sfondo, potrebbero dare risultati niente male. 
Siamo in aprile e potrebbe essere ancora presto, ma quest’anno l’andamento climatico sembra favorevole ad una primavera anticipata, per cui un tentativo vale la pena di farlo, anche se per niente garantito.
Salgo lentamente, un po' per il peso dello zaino e un po' perché osservo con attenzione: la zona è ricca di fauna e un incontro interessante non si può mai escludere.
L’Altroversante è un progetto dedicato al paesaggio, ma quale paesaggio non migliora se al suo interno si riesce a collocare l’immagine di uno degli animali che quel luogo hanno scelto come dimora? In questi casi non c’è bisogno di una foto a pieno formato, una piccola sagoma ben inserita nel suo contesto è quanto di meglio si possa desiderare.
Quando arrivo in cima il sole non è ancora sorto, tira vento e fa abbastanza fresco e i fiori che cercavo non ci sono. È ancora presto, bisogna aspettare e tornare fra alcuni giorni.
Ammetto di essere un po' deluso ma, tutto sommato, c’era anche da aspettarselo, non è ancora il momento  giusto a questa quota. 
Dopo aver fatto un tratto della cresta, penso di scendere lungo il versante meridionale, chissà che in basso non riesca a trovare qualcosa.
Un po' perché scendo parecchio di quota e un po' per l’esposizione più favorevole, ecco apparire davanti a me una bella distesa di asfodeli fioriti. Niente di particolarmente esaltante, ma qualche scatto vale la pena di farlo. Mi fermo.
La luce è ancora buona quando il giovane capriolo arriva, brucando e avanzando lentamente nel prato fiorito. Non si è accorto di me, chinato come sono a fotografare e allora approfitto dell’occasione: riesco a fare solo qualche scatto prima che il rumore dell’otturatore lo allarmi e lo metta in fuga. 
Non è molto, ma almeno questo viaggio-sopralluogo mi ha donato qualche istante di quella gioia elettrizzante che solo l’incontro con una creatura selvatica può regalare.




Bruno D'Amicis - Una missione interrotta, uno sfregio alla natura - Le Gole del Melfa, Lazio

Come fotografo nato e cresciuto, fisicamente e culturalmente, in Italia, in qualche modo purtroppo 
mi sono dovuto abituare a trovare il bello anche in mezzo a degrado e distruzione ambientali. 
Qui da noi non credo ci sia rimasto più alcun habitat veramente al sicuro… Anche nel cuore delle aree protette o nelle zone più remote e di difficile accesso, l'uomo ha lasciato tracce sempre ben visibili e talvolta molto profonde. 
Strade, stradine, speculazioni e abusivismo edilizi, canalizzazioni, cementificazioni, introduzioni di specie alloctone, mega impianti energetici, discariche abusive… chi più ne ha più ne metta: la povera natura italiana tenta in tutti i modi di cancellare con la sua prorompente vitalità le ferite che gli abbiamo inferto, gli innumerevoli sfregi sul suo volto incantevole, ma le cicatrici sono indelebili. Credo sappiate tutti bene che cosa intendo: per noi italiani è divenuto fisiologico vivere in un ambiente compromesso. 

E la missione di un progetto come L’Altro Versante, di noi tre “fotografi in cerca del vero paesaggio italiano”, è in fondo proprio quella di ricercare, quasi con il lanternino, quanto di selvaggio ancora (r)esista in Italia. Ci sono sensibilità, passione e buona volontà dietro il nostro lavoro e spesso, per fortuna, restiamo commossi da quanta bellezza si trovi ancora dalle nostre parti. Eppure, spesso si tratta di piccoli, commoventi fazzoletti di integrità in un mare di antropizzazione. Altre volte, invece, il troppo diventa davvero troppo... 

Quel mattino ero partito da casa con le migliori intenzioni per svolgere una breve missione nel Lazio meridionale
e, più precisamente, nelle Gole del Melfa, in Provincia di Frosinone, che appartengono al massiccio del Monte Cairo. Facendo delle ricerche in merito (anche se si trova ben poco), avevo letto di fitti boschi mediterranei e imponenti pareti calcaree a far da sfondo alle acque blu-turchese di un fiume speciale. Sembravano proprio gli ingredienti giusti per scovare un “altro versante” davvero poco noto e sorprendente. L’idea era di percorrere all’alba e dopo un forte temporale, il “Tracciolino”, antica strada
che per una quindicina di km tra Roccasecca e Castelvieri si snoda lungo un canyon selvaggio e profondo scavato dalle acque del fiume Melfa, appunto, e mette in comunicazione la Val Comino con la pianura. Il Melfa, fiume che nasce nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, è bellissimo, celeberrimo tra gli amanti della canoa e sarebbe uno dei corsi d'acqua più interessanti d’Italia se non fosse che 1) il regime è spesso irrisorio poiché le sue acque sono captate da un bacino idroelettrico - per soli scopi preventivi e praticamente in disuso -
a monte e 2) gran parte della sua destra orografica, che segue la strada appunto, viene utilizzata - come ho avuto la sfortuna di scoprire proprio quel mattino - come un’immensa, imbarazzante, vergognosa discarica abusiva. Infatti, quando la nebbia della notte si è finalmente sollevata, oltre a rivelare una valle altrimenti meravigliosa, sono rimasto sgomento di fronte a tanta inciviltà.  Intendiamoci, non sto parlando qui di qualche busta di plastica, un paio di scarpe o un materasso, ma di centinaia di copertoni di automobile, reti di letto, lavatrici, frigoriferi… Roba di una scala inaudita! Migliaia di rifiuti che sono stati fatti rotolare lungo la scarpata arrivando anche sin nel letto tormentato fiume. Poco riesce a coprire la lussureggiante vegetazione: l'integrità di questa valle è compromessa per sempre. Una grande rabbia e profonda tristezza mi hanno pervaso. Con quale coraggio deturpare così un luogo così bello? E con quale coscienza dormono la notte le persone che hanno riempito di rifiuti il Melfa??? Povere aquile reali che che incredibilmente ancora abitano questa valle! Cosa devono vedere ogni giorno... 

Come detto, la valle è stupenda e ho comunque tentato di fotografarla, componendo le immagini in diversi modi per evitare di inquadrare la sporcizia, ma la sofferenza era troppa e mi sembrava tutta, solo una grande ipocrisia. Non ce la facevo proprio a continuare. Non sentivo più alcun legame emotivo con il luogo, così ho deciso di interrompere (per la prima volta!) la missione e dopo qualche veloce e annoiato scatto di documentazione dei rifiuti (che comunque noi di AV vogliamo segnalare alle autorità dei comuni di zona) me ne sono tornato a casa. Si potrebbero fare appelli al senso di civiltà, all'amore per la propria terra o ai più giovani, ma a volte è dura vivere in questo Paese amandone la natura. Un grande amore sì, ma che fa tanto soffrire.