Ovvio che, durante la mia missione condotta nel Parco Nazionale della Majella, volessi ritrarre questa pianta e inserirla nel mio ritratto della "Montagna Madre”, perché a mio avviso avrebbe trasmesso il senso del luogo come e se non più di un intero paesaggio. L’ho cercata quindi sulle preistoriche scogliere che delimitano le cime più alte, trovandone una mezza dozzina. Erano tutte interessanti, ma io cercavo l’archetipo.
Su una minuscola cengia, a strapiombo sulla Valle Cannella, ho localizzato la più bella di tutte. Sembrava
sedere su un piccolo trono calcareo; le lingue di neve in scioglimento sullo sfondo.
Unico problema: mi sarei dovuto sporgere di un metro nel vuoto per fotografarla. Ho dovuto lavorare d’ingegno. Mio fratello che mi accompagnava si è attaccato alla mia cintura controbilanciandomi. Ho montato un obiettivo grandangolare decentrabile per guadagnare qualche centimetro e con il live view della macchina ho potuto fotografare semplicemente allungando le braccia. Infine, il perfetto tempismo di un raggio di sole ha coronato il tutto, permettendomi di mettere in evidenza il soggetto rispetto allo sfondo in ombra.
0 commenti:
Posta un commento